top of page

Intervista a Roberto Bonifetto

1. Come si è evoluta la sicurezza nelle centrali nucleari dopo incidenti come Chernobyl e Fukushima?

​

"L’industria nucleare, insieme a quella aerospaziale, sono da sempre punti di riferimento per la sicurezza. Non a caso, come è noto, l’aereo è tra i mezzi di trasporto più sicuri. Allo stesso modo, i decessi per unità di energia prodotta dall’energia nucleare sono inferiori a quelli di tutte le altre tecnologie, anche tenendo conto degli incidenti menzionati. Incidenti come Three Mile Island (1979), Chernobyl (1986) e Fukushima (2011) hanno contribuito, in misura diversa, a identificare ulteriori criticità e porvi rimedio. Porto alcuni esempi. L’incidente di Three Mile Island è forse quello dal quale, come amiamo dire, è stato possibile imparare di più in merito alla sicurezza. Tralasciando i dettagli tecnici, esso ha avuto ripercussioni sulla gestione dei piccoli incidenti (da cui tutto era partito, in quel caso), sull’interfaccia uomo-macchina per migliorare la lettura dei (numerosi) segnali provenienti dall’impianto, e sui protocolli per la manutenzione dei componenti, portando a ulteriori implementazioni dei concetti di ridondanza e diversificazione alla base proprio della sicurezza nucleare. Dopodiché, ci fu l’incidente di Chernobyl, che non fu altro che la conseguenza di una serie di deliberate violazioni dei protocolli di sicurezza da seguire durante la gestione dell’impianto. Evitando anche una sola delle (numerose) violazioni avvenute in quella notte e nel giorno precedente, si sarebbe con ogni probabilità evitato l’incidente. Ciononostante, si è deciso di correggere un difetto di progettazione (che non avrebbe comunque avuto alcuna conseguenza se i protocolli non fossero stati violati) dei reattori RBMK di tipo Chernobyl, ossia sono stati sostituiti tutti i follower (che potremmo definire i prolungamenti) delle barre di controllo in quei reattori, passando da barre in grafite, materiale che tende a rallentare i neutroni e aumentare il rateo di fissioni (quindi la potenza) durante l'inserzione delle barre per lo spegnimento del reattore, a barre in acciaio.

L’incidente di Fukushima merita una premessa, spesso dimenticata: l’impianto Dai-ichi ha resistito al quarto terremoto più potente mai registrato dai sismografi, il più potente mai verificatosi in Giappone, spegnendosi in totale sicurezza. A proposito di morti, sarebbe interessante confrontare il numero di decessi causati dal sisma con quelli causati dall’incidente nucleare… L’impianto resistette anche al successivo maremoto, che tuttavia allagò i generatori diesel di emergenza interrompendone l’operatività. Questa mancanza di energia elettrica nell’impianto (energia necessaria a operare ad esempio le valvole) causò poi la fusione dei noccioli. Una importante conseguenza in termini di sicurezza fu la rilocalizzazione dei generatori di emergenza (e dei relativi serbatoi del combustibile) in modo da evitarne l’allagamento. Tutto questo per dire: l’industria nucleare è da sempre perfettamente consapevole dei propri rischi, e ha sempre cercato di imparare dalle mancanze. La risonanza mediatica degli incidenti e la percezione del rischio che ne risulta presso l’opinione pubblica purtroppo non corrispondono sempre al rischio reale, esattamente (e chiudo il cerchio) come nel caso dell’industria aeronautica: si pensi a quante persone ancora hanno paura di volare, nonostante sia noto e pubblicamente accettato che l’aereo è tra i mezzi di trasporto più sicuri".

​

2. Quali sono le principali preoccupazioni ambientali legate al nucleare, in particolare per la gestione dei rifiuti radioattivi?

 

"Ci sono molti aspetti delicati ma spesso oggetto di disinformazione legati alla gestione dei rifiuti radioattivi. Innanzitutto, il fatto che ciò che più spaventa di tali rifiuti, ossia la radioattività sia destinata a diminuire esponenzialmente nel tempo. In altre parole, ciò che oggi è un rifiuto radioattivo, non lo sarà più trascorso un certo tempo (si noti che questo non è vero per la maggior parte degli altri rifiuti). Questo tempo in alcuni casi può essere anche molto lungo (migliaia di anni). Consideriamo i rifiuti “ad alta attività” (quelli che tendenzialmente sono anche i più durevoli): se ognuno di noi vivesse sfruttando unicamente energia nucleare per tutti i propri fabbisogni energetici, nel corso della vita ne produrrebbe un volume pari a una lattina di bibita. Gli altri rifiuti radioattivi, seppur più abbondanti, esauriscono la loro attività nell’arco di alcune generazioni. Altro tema importante: la loro gestione in senso stretto. Le metodologie per processare e stoccare correttamente i rifiuti radioattivi sono note e collaudate; ma non solo: sono anche correttamente implementate in molto Paesi. Si pensi ai depositi superficiali in Francia e Spagna, per citarne alcuni vicini all’Italia. Nel caso della Francia, il deposito di L’Aube è situato nella regione dello Champagne-Ardenne, dove si continua a produrre vino di qualità. La sicurezza è garantita dall’utilizzo di barriere multiple alla fuga dei rifiuti radioattivi e da un continuo monitoraggio. Infine, è opportuno ricordare che i rifiuti radioattivi di media e bassa attività sono prodotti non solo dalle centrali nucleari, ma anche (seppur in volume minore) dalla medicina nucleare e dall’industria che utilizza traccianti e sorgenti radioattive, non ultima quella alimentare. La medicina nucleare ci insegna anche che l’effetto sulla salute delle radiazioni, a differenza di quello ancora oggi dibattuto di molti altri agenti chimici o biologici con cui siamo quotidianamente in contatto, è noto con così grande accuratezza che lo si può anche sfruttare a fini medici. Difficile giustificare, insomma, chi dice di temere la radioattività perché è poco conosciuta".

​

3. Quali nuove tecnologie o approcci possono rendere il nucleare più sicuro e sostenibile?

​

"Si parla sempre più spesso di Quarta Generazione (Gen. IV) degli impianti nucleari. Si tratta di impianti rivoluzionari in termini di tecnologie utilizzate allo scopo di incrementare proprio la sicurezza e la sostenibilità. E la chiave sta esattamente negli approcci: questi nuovi impianti devono garantire di gestire ogni situazione incidentale senza l’intervento di personale e senza utilizzare energia dall’esterno; il reattore deve cioè essere in grado di raggiungere autonomamente un punto stabile di operazione post-spegnimento, che può mantenere per un tempo indeterminato, evacuando il calore prodotto nel nocciolo dal decadimento dei rifiuti radioattivi. È il concetto di "sicurezza passiva". Si sta lavorando per concretizzare questi approcci in tecnologie industrializzabili, ma al momento non esistono impianti di Gen. IV funzionanti. Uno step intermedio sono i reattori di Terza Generazione, evolutivi rispetto alla maggior parte di quelli esistenti (Seconda Generazione) ma basati su principi di sicurezza passiva simili a quelli adottati dalla Gen. IV. Alcuni di questi sono già operanti, come gli AP1000 americani o gli EPR europei".

​

4. Il nucleare può essere considerato una soluzione chiave per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione entro il 2050?

​​

"Le ricerche recenti riguardanti i possibili scenari per l’energia nucleare a livello continentale e mondiale indicano che la sostituzione delle fonti fossili con l’energia nucleare va nella direzione di ridurre le emissioni di anidride carbonica di derivazione energetica. Questo perché, anche considerando l’intero ciclo di vita dell’impianto, la quantità di CO2 emessa per costruire, esercire e smantellare un impianto nucleare è decisamente inferiore rispetto a quella emessa nelle stesse fasi del ciclo di vita degli impianti a combustibili fossili. In particolare, si ricordi che l’esercizio degli impianti nucleari non prevede l’emissione di CO2 in quanto non si ha combustione (il termine “combustibile nucleare” deriva da un uso improprio), ma unicamente reazioni nucleari i cui prodotti sono confinati all’interno dell’impianto e vengono smaltiti durante il riprocessamento. Le immagini che tipicamente vengono mostrate dai canali di informazione quando si parla di impianti nucleari sono quelle di grosse nuvole bianche che escono da delle torri in cemento armato, simili a grandi ciminiere. Ebbene, si tratta di vapore d’acqua a temperatura di poco superiore a quella ambiente, perché le ciminiere sono in realtà torri evaporative di raffreddamento utilizzate, peraltro, anche negli impianti a combustibili fossili per condensare il vapore in uscita dalla turbina. Quindi non hanno nulla a che vedere con gli impianti nucleari in senso stretto, e nemmeno con la CO2. Se poi si considera l’enorme quantità di energia (kWh) prodotta dagli impianti nucleari rispetto agli altri impianti di produzione di potenza, e il fatto che essa è indipendente da condizioni di insolazione, vento, maree e temperatura esterna, è facile capire come le emissioni di anidride carbonica per unità di energia siano del tutto ragionevoli. In questo senso sì, il nucleare può essere considerato molto importante ai fini del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione".

​

​

​

Vignette 2 lignes2_edited.png

© 2024 di Ilaria Micheri. Creato con Wix.com

bottom of page